IL CAOS: QUANDO LA MACCHINA DIVENTA INTERLOCUTORE CON DIO [ITA]

Prof. Massimiliano Messieri / Italy / – composer

L’evoluzione del linguaggio musicale, avvenuta in modo radicale intorno al 1925 (Arnold
Schönberg “Suite op. 25 per pianoforte”) passando da un sistema armonico (atonale o pantonale) a
quello seriale, nel quale i punti cardine di tensione e distensione diventano rapporti numerici
(intervalli) fra una nota e l’altra, crea la prima frattura irreversibile tra il musicista e il pubblico.
Questo passaggio evolutivo ha indirizzato il compositore a una ricerca assidua della musica
oggettiva, nella quale il bello era ricercato non più nel rapporto armonico tra i suoni ma tra
algoritmi intervallari che dovevano eludere in qualsiasi modo i rapporti maggiormente consonanti,
come l’intervallo di ottava e quello di quinta. Rapporti sui quali è stata costruita tutta l’arte dei
suoni nei secoli precedenti. Questo fenomeno assolutista e “negazionista”, seguace dell’ultima
scrittura weberniana, ha avuto il suo riconoscimento tra il 1950 e il 1960 durante i Corsi Estivi per
la Nuova Musica di Darmstadt (Internationale Ferienkurse für Neue Musik), nella quale musicisti
come Pierre Boulez, Karlheinz Stockhausen, Luciano Berio, Bruno Maderna, Luigi Nono, Gyorgy
Ligeti, Theodor Adorno saranno definiti Maestri della Nuova Musica. Maestri che produrranno una
quantità spropositata di seguaci auto-referenziati. Questi discepoli-sostenitori del pensiero
musicale oggettivo saranno i giustizieri della musica o meglio del rapporto tra la Nuova Musica e il
fruitore, il pubblico.
La consapevolezza della nostra Storia produce sempre delle domande che non avranno
risposta. Se il pensiero compositivo occidentale europeo avesse seguito un'altra strada invece
della via “puntuale” di Anton Webern, oggi ci troveremmo nella stessa drammatica situazione,
nella quale la musica classica sta uscendo dai teatri e il pubblico è sempre più anziano? La strada
intrapresa dai Maestri dei Corsi Estivi di Darmstadt ha creato una dottrina “seriale” della Musica,
che per vari decenni è stato il diktat dei loro “seguaci”: non volendo accettare le provocazioni
veritiere di John Cage (anche lui frequentatore della scuola di Darmstadt). Provocazioni che si sono
rivelate premonitrici sotto vari aspetti, tra cui l’utilizzo di oggetti estranei alla musica utilizzati per
la proliferazione di materiale compositivo. Questi oggetti, se per Cage potevano essere di qualsiasi
forma o materiale come dadi, monete, carte astronomiche, matite ecc., oggi li troviamo riuniti
tecnologicamente nel computer, e più precisamente nei software. La provocazione cageana nel
definirsi micologo e non-compositore, probabilmente perché consapevole del processo creativo
utilizzato per la stesura di una partitura (poiché l’atto creativo era semplificato alla casualità di
un’azione e, l’interprete diventava, suo malgrado, compositore nello svolgere diligentemente le
indicazioni di John Cage), non ha minimamente attecchito tra i compositori cui era riferita la
provocazione, anzi essi hanno proseguito nella ricerca di una “gabbia” oggettiva che proliferasse
musica oggettiva e assoluta. Se col termine Musica noi intendiamo un linguaggio artistico -
espressivo diverso dalla parola, quasi sicuramente il “gioco” di J. Cage era quello di far
comprendere che l’utilizzo di una tecnica e una tecnologia estranea alla musica produce un
agglomerato sonoro cacofonico (poiché esula le leggi fisico-sensoriali del suono) anche se
perfettamente logico e organizzato da regole e algoritmi, e al contempo affermare che i suoni
della natura, che l’essere umano pensa casuali perché estranei alla concezione occidentale della
musica, producono anch’essi armonie e melodie poiché regolati dalla logica dell’Universo, che
l’uomo definisce “Caso”, incapace di leggerlo nella sua totalità.
La ricerca di nuovi timbri e l’invenzione dell’energia elettrica hanno aperto nuovi orizzonti
musicali: dall’intonarumori di Luigi Russolo ai software come OpenMusic o Maestro Genesis o
Opus + (per citarne alcuni), generatori di sequenze ritmiche, melodiche e armoniche attraverso
processi stocastici, il viaggio è stato relativamente breve. Se in principio la ricerca di nuovi suoni
serviva ad ampliare il timbro musicale, i software come quelli sopra citati nascono come aiutanti
robot per i compositori, che, diventando sempre più sofisticati potendo dare una vasta gamma di
combinazioni, hanno prodotto un’involuzione del compositore stesso, sfiorando talvolta la 
“sordità” musicale. Concepire una struttura compositiva a-priori o artificiale che non tiene in
considerazione i mutamenti fisico-acustici non può definirsi musica, poiché essa non è basata solo
su una struttura, seppur matematicamente perfetta, di rapporti intervallari fra note. Parafrasando
un’intuizione di Franz Marc e Vasilij Kandiskij, scritta nel “Der Blaue Reiter” (1912), l’artista, alla
ricerca costante della perfezione e di un proprio miglioramento tecnico-espressivo, è
l’interlocutore e il mediatore tra Dio e l’umanità, ma che ruolo ha oggi la tecnologia che traduce
l’artista a se stesso? (Massimiliano Messieri)

 

Ascolti:
Karlheinz Stockhausen (1928-2007), “Klawierstück I” per pianoforte (1952)
Pierre Boulez (1925), “Piano sonata n.3” per pianoforte (1955-57/63)
Franco Donatoni (1927-2000), “Black and White n.2” per pianoforte (1968)
Sandro Gorli (1948), “Studi in forma di variazione” per pianoforte (1987)
Alessandro Solbiati (1956), “Interludi” per pianoforte (2000-2006)
Yuval Avital (1977), “Sogno, ombre e paesaggi” sonata per pianoforte (2010-2011)
Inseong Beck, “Space Monkey” (Algorithm Composition ) per pianoforte, Stella, Max/Msp, Cubase (2011)
IAMUS : Can machine be creative?

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